
Cerotti in faccia. La protesta degli studenti nella scuola ferita dalla pandemia
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"Nella nostra scuola le famiglie sono divise: abbiamo classi con la metà degli alunni in presenza, classi con tutti i ragazzi in presenza e classi con tutti gli studenti in dad" - racconta a Tutti a scuola su Radio 24 Lucia Suriano, insegnante dell'Istituto comprensivo Don Bosco Manzoni di Andria. "A novembre questa organizzazione per noi insegnanti è stata devastante, ora la resilienza ci ha aiutato".
Per i ragazzi di terza media si avvicina il tempo degli esami, previsti in presenza, con la presentazione di un elaborato da parte degli alunni. Come si stanno preparando i suoi alunni?
"I ragazzi sono agitati, hanno poca dimestichezza con questa modalità di esame, con l'elaborato e con la costruzione dei collegamenti. Non è facile per loro capire che non devono solo riempire l'elaborato di contenuti, ma devono far capire quali sono le competenze acquisite, devono saper collegare i vari argomenti. Questa è la vera difficoltà".
La scorsa settimana un insegnante di disegno e storia dell'arte del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Treviso, Fabio Sandrini, ha raccontato quanto successo nella sua scuola. Entrando in classe ha trovato i suoi studenti di una classe di quarta con dei cerotti in faccia: chi sotto gli occhi, chi sulla fronte, chi vicino alle labbra. Una performance di body art preparata dagli studenti dal titolo "Una ferita invisibile agli occhi". Un cerotto per comunicare in maniera molto potente il loro disagio di fronte a questo anno di pandemia. Il professor Sandrini ha preso un cerotto e se lo è messo sul viso, per dimostrare vicinanza e partecipazione. Lei un mese fa ha fatto una cosa simile: di fronte alle immagini di ragazzi bendati per affrontare un'interrogazione in dad, ha voluto mettersi lei una benda sugli occhi e fare un'intera lezione così.
"Anche io avrei messo il cerotto di fronte a quei ragazzi. La mia esperienza della benda sugli occhi è stata molto forte. La mia era una provocazione per far vedere agli studenti che mi stavo mettendo in gioco. E loro, senza che li sollecitassi, mi hanno tirato fuori il discorso sulla fiducia, che hanno percepito molto chiaro. Lo rifarei e oggi metterei anche il cerotto, perché le ferite sono vere, tutta la scuola è ferita e da molto tempo. Abbiamo fatto finta di non vederle queste ferite, ma siamo tutti feriti: insegnanti, famiglie e genitori".
Lei ha scritto un libro: "Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice". Come si può fare della scuola in questo momento un luogo felice? "La felicità in questo momento è guardarci negli occhi e saperci leggere negli occhi. E' molto importante ora la nostra competenza empatica di docenti".
Il ministro Bianchi promette: settembre tutti in classe. Saremo pronti? Avremo risolto il problema dei trasporti e del tracciamento dei contagi? "La vedo dura. Mi auguro che il Ministero faccia tesoro della débacle di questo anno e sia pronto per settembre. Il mio sdegno ha un figlio che si chiama speranza".
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