La seconda tappa di questo viaggio è in Germania. Nel 1861, nella cittadina di Barmen, divenuta in seguito allo sviluppo industriale il conglomerato di Wuppertal, nacque Carl Duisberg.
Come mai l’industria della sintesi chimica, esplosa nel Regno Unito, non trovò lì un suo sviluppo? Perché il centro di gravità della creazione di una realtà sintetica si spostò in Germania?
Con l’arrivo in Germania, la sintesi subì una trasformazione. Le capacità tecniche si allargarono: dai coloranti si passò ai farmaci, poi ai fertilizzanti e infine alla guerra.
La società non si trovava più di fronte a un semplice composto nuovo bensì a un processo che cercava di creare una realtà alternativa in maniera che potremmo definire non naturale ma anche non artificiale.
Ma la tecnologia non è un attore isolato in questo processo di innovazione. La tecnologia industriale è economica di sua natura. Alcuni economisti ritengono che si debba usare l’espressione rivoluzione industriale solo in riferimento all’Inghilterra e industrializzazione per le altre regioni. Di fatto l’industrializzazione e lo sviluppo sono processi tra loro fusi che i frammentati e belligeranti confini politici del Novecento non riuscirono a limitare nella diffusione.
Il modello tedesco, seguendo un percorso fondato sulla partecipazione dello Stato e sul ruolo propulsivo delle banche miste, fu il concorrente continentale più temibile per l’Inghilterra. Il modello di industrializzazione tedesco fu unico ed irripetibile, configurandosi come una sorta di capitalismo organizzato con una tendenza verso il big business che lo accomunò a quello americano intrecciata con un singolarissimo approccio legislativo e istituzionale. Questo è ciò che ha dato luogo al modello dei cartelli come la IG Farben, ritenuti legittimi e convenienti.
Alla vigilia della Prima guerra mondiale, la Germania copriva tre quarti delle esportazioni chimiche grazie a colossi quali la Bayer, e fu la prima nazione ad introdurre la previdenza sociale statale.
Lo sviluppo di un sempre maggior numero di sostanze sintetiche e il loro utilizzo in ambito alimentare e medico mette al centro gli effetti dell’industria della sintesi sull’uomo. Di fatto, parlando di realtà sintetica, l’uomo è sempre di più il tema. Gli strumenti sintetici, segni della grandezza umana, sono strumenti che possono dare la vita – medicine – o provocare la morte in modi nuovi – Eroina o Zyklon.
Guardando agli usi bellici del sintetico, poi, ci sembra di poter evidenziare che non solo l’uomo è un tema con il sintetico ma assurge a tema centrale e questione chiave. Il sintetico mette in discussione cosa sia la realtà, cosa è la vita e in ultima analisi cosa è l’uomo.
La seconda tappa nello sviluppo della realtà sintetica vede intrecciarsi interessi nazionali, scenari bellici e ambizioni imperialiste. La serendipità, la casualità, che era la scaturigine della scoperta del sintetico e che chiedeva l’applicazione di un principio di precauzione per la natura sconosciuta della cosa scoperta, ora cambia. La realtà sintetica non è più solo un effetto strano di una scoperta casuale da usare con attenzione per valutarne gli effetti. A metà del Novecento gli artefatti sintetici sono strumenti potentissimi che hanno il potere di dare la vita o di dare la morte. La domanda etica da principio di precauzione esterno sull’uso degli artefatti si fa domanda intrinseca: per capire cosa è possibile fare, serve capire cosa stiamo realizzando.