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By: Radio 24
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RadioNext è il programma settimanale di Radio 24 sulla trasformazione digitale, un confronto sulle tematiche digitali viste con gli occhi dell'imprenditore, del manager, del professionista per capire le opportunità e gli impatti che il cambiamento epocale che stiamo vivendo offre alla nostra classe dirigente.

Attraverso il dialogo con un ospite affronteremo i temi specifici del business, i modelli competitivi, gli ostacoli culturali, i nuovi approcci innovativi, le sfide organizzative e la centralità del cliente.

2008 Radio 24 Il Sole 24 ore
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  • Dall’ingaggio alla strategia: trasformare i creator in asset di business sostenibile (parte II)
    May 30 2025

    In un mercato in cui i contenuti digitali sono per la gran parte disponibili gratuitamente per l’utente finale, la sostenibilità economica dei creator passa dalla pubblicità: l’azienda deve quindi considerarli veri e propri partner media, inserendo questa voce di spesa a bilancio con gli stessi criteri di efficacia e misurabilità riservati a TV o stampa.

    Torniamo a parlarne in questa seconda puntata con Aurora Cavallo, creatrice del brand Cooker Girl.

    Le collaborazioni di lungo periodo - ricorda Aurora, che vanta accordi pluriennali con brand di cookware — rafforzano la credibilità presso il pubblico e consentono di monitorare non solo la reach ma anche la coerenza d’uso del prodotto sul medio periodo, trasformando i post sponsorizzati in proof point continui.

    Il discrimine tra semplice creator e professionista sta nella puntualità delle consegne, nella disponibilità ai rework e nella capacità di co-progettare la campagna; fattori che riducono il rischio operativo per il brand.

    Come integriamo oggi questi indicatori nei nostri processi di sourcing? La selezione del partner non può prescindere dall’allineamento etico e di contesto: rifiutare sponsorship fuori categoria o lontane dai valori dichiarati tutela la reputazione di entrambe le parti e limita le frizioni con le community.

    Nei progetti corporate più strutturati, il brief tende a essere prescrittivo; l’esperienza di Aurora suggerisce di prevenire conflitti con controproposte puntuali, evitando contenuti rigidi che l’utente ignora. L’azienda è pronta a trattare il creator come consulente editoriale e non come semplice esecutore?

    Errori ricorrenti: ignorare il tone of voice per cui il creator è stato scelto, imporre copy innaturali, lanciare prodotti con nomi impronunciabili, privilegiare il messaggio verbale a scapito della resa visiva e dell’opportunità di agganciare trend audio-visivi che moltiplicherebbero la reach.

    Quando il contratto si estende su base annuale, il creator assume un ruolo consulenziale, offrendo insight per i contenuti corporate al di fuori dei propri canali: una competenza di storytelling già inclusa nel costo della partnership che conviene capitalizzare con processi interni disposti ad ascoltare.

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  • L’IA non pensa, ma ci costringe a pensare
    May 16 2025

    Nel nostro dialogo con Riccardo Manzotti, ordinario di filosofia teoretica allo IULM di Milano, emerge una riflessione profonda e controcorrente sull’intelligenza artificiale, affrontata non dal punto di vista tecnico, ma da quello più inquietante e strategico: che cosa significa davvero pensare, e cosa ci distingue - se ancora qualcosa ci distingue - da un sistema algoritmico capace di linguaggio.

    L’intelligenza artificiale generativa oggi non è pensante nel senso classico, sostiene Riccardo Manzotti, e forse nemmeno noi lo siamo nel modo in cui ci siamo raccontati. Il pensiero, tradizionalmente legato a un “io interiore”, non è mai stato individuato scientificamente. E allora: abbiamo davvero bisogno del concetto di pensiero individuale per spiegare le capacità cognitive, oppure è un residuo animista che possiamo abbandonare?

    L’AI lavora diversamente da noi: parte dalla conoscenza e dal linguaggio, mentre l’evoluzione umana ha prima dato corpo e volontà, poi parola. È quindi legittimo chiedersi: stiamo davvero saltando le tappe, oppure stiamo invertendo la direzione evolutiva? E in questa inversione, quali sono i rischi, ma anche le opportunità strategiche per le organizzazioni?

    Un punto chiave per le imprese è comprendere che ciò che definiamo “intelligenza” non presuppone necessariamente coscienza o intenzione. Gli LLM (Large Language Models) non hanno uno scopo proprio: trasformano l’informazione in conoscenza, ma non “vogliono” nulla. Tuttavia, l’asimmetria tra linguaggio e volontà apre scenari complessi. Siamo pronti a riconoscere il momento in cui un sistema smette di essere uno strumento e inizia a essere un soggetto? E in quel momento, con quali criteri etici e giuridici dovremo trattarlo?

    Per le aziende, la posta in gioco non è solo l’adozione efficiente dell’AI, ma la capacità di interfacciarsi con un “agente” che imita - e forse supererà - le dinamiche sociali e cognitive umane. L’AI è uno specchio: ci mostra ciò che siamo, e ciò che potremmo perdere. La differenza cruciale, secondo Manzotti, resta nella nostra capacità di creare l’incommensurabile, di dare valore, di concepire ciò che ancora non esiste.

    In questo quadro, la domanda decisiva non è tanto “cosa può fare l’AI per noi”, quanto “cosa dice di noi il modo in cui costruiamo e usiamo l’AI”. E soprattutto: saremo capaci di distinguerci, o ci limiteremo ad allenare una macchina a diventare più umana di noi?

    Proveremo a dare risposte a queste e ad altre domande. Buon ascolto!

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  • Ogni prodotto è una piattaforma: il futuro dell’autenticità nel fashion e oltre
    May 9 2025

    Mentre il dibattito sulle fake news continua ad animare il panorama mediatico, un altro tipo di falsificazione colpisce in modo altrettanto grave il tessuto economico: la contraffazione dei prodotti. Nell’intervista a Radio Next, Michele Casucci, CEO di Certilogo, ha offerto una prospettiva nitida sul valore strategico dell’autenticità, soprattutto per settori come moda, lusso e design. L’autenticazione, sostiene Casucci, non è solo una questione di sicurezza per il consumatore, ma un asset competitivo per le imprese.


    Come si garantisce oggi, concretamente, che un prodotto sia autentico? La risposta sta in sistemi di identificazione digitale applicati fin dalla fabbricazione — tag NFC o QR code univoci — capaci di contenere informazioni che vanno dalla semplice conferma dell’autenticità fino a dettagli su provenienza, materiali e impatto ambientale. Tutto accessibile con uno smartphone. Non si tratta solo di bloccare le imitazioni, ma di offrire ai brand un canale diretto e certificato di relazione con il cliente finale.


    Ma qual è la reazione del mercato? L'adozione di questi strumenti, inizialmente percepiti come un "nice to have", è oggi spinta dall’evoluzione normativa. Il Digital Product Passport europeo, atteso per il 2027, imporrà alle imprese l’obbligo di dotare i propri prodotti di un’identità digitale tracciabile. È un cambiamento sistemico, destinato a impattare l’intera filiera — dalla produzione al second-hand — abilitando modelli di economia circolare e strategie di post-vendita basate sulla trasparenza.


    Il second hand stesso, fenomeno in crescita esponenziale, trae beneficio diretto da queste tecnologie. La possibilità di rivendere un prodotto usato con una certificazione di autenticità e una “storia” tracciabile ne aumenta valore e fiducia, rendendo concreta l’idea di un mercato sostenibile e sicuro. In questo contesto, l’acquisizione di Certilogo da parte di eBay mostra chiaramente come l’autenticazione digitale diventi un'infrastruttura chiave per i marketplace del futuro.


    Non si tratta quindi solo di difendersi dalla contraffazione, ma di ripensare il prodotto fisico come veicolo di servizi, contenuti e relazioni. La domanda che ogni impresa dovrebbe porsi è: siamo pronti a trasformare ogni nostro prodotto in un touchpoint digitale credibile e interoperabile?

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