• Ortensio Zecchino, why we cannot but call ourselves Christians, readings and disputes on the essay by B. Croce-[P. Giustiniani]
    Oct 12 2024
    Ortensio Zecchino, Why We Cannot Not Call Ourselves “Christians”. Readings and disputes on the famous essay by Benedetto Croce, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2024, pages 255, euro 18.00.Both the Preface (pages 11-15) by Eugenio Mazzarella - philosopher and, as he defines himself, «a Christian man… reasonably obliged to transcendence by what I see in immanence» (page 13), and the Afterword by Dino Cofrancesco (pages 231-249: a true essay after the essay!) which precisely, as stated in the title, offers «a modest non-philosophical commentary on the essay by Ortensio Zecchino» (page 231), already highlight well, albeit synthetically, the various emerging profiles in Ortensio Zecchino's research. Above all, they outline the underlying themes of the essay, which Benedetto Croce published ten days after a sleepless night on August 16, 1942, during which the idea of ​​writing it also occurred to him (page 5).Appearing in “La Critica” on November 20, 1942, with the famous title Why We Cannot Not Call Ourselves “Christians” (page 6), this essay by Croce, written not without “labor… in those terrible times” (page 88, number 79), Zecchino - firmly convinced that it should not be read in isolation, but rather “in a continuum with the others of the same period” (page 196), “in the context of the writings that came from Croce’s pen in those terrible years between the agony of fascism and the dawn of democracy” (page 138) -, therefore examines the premises, the contents and the outcomes; and from the very first bars, he clarifies the text and context, as in the opening scene of a theatrical action, of which the rest of the pages will offer a meticulous analysis and a very informed analytical development, also the result of archive consultations that are punctually reported in the course of the gripping exposition. Croce's was an essay that enjoyed «an extraordinary fortune», having been published «in the midst of a “world” war», in a «Europe» that «now appeared Nazified» (page 9) and when «in the spring of '42 the first creaks of the fascist regime had begun to appear» (page 10). The future organization of a new Order was being hypothesized, involving parties, intellectuals and even the Holy See. The volume reminds us: «At the Catholic University of Milan, already at the end of 1941, a group of “little professors” had begun to gather around Giuseppe Dossetti… In August 1941, Spinelli, Rossi and Colorni’s manifesto For a free and united Europe had been launched from Ventotene… In September of that 1942, Alcide De Gasperi, with a handful of volunteers, founded the Christian Democracy in Milan, in Enrico Falk’s house» (page 11). Later, Croce’s peculiar relationship with the “dear De Gasperi” would be intense (Croce’s last letter to him is dated 25 January 1951), as will be seen particularly, after Croce died on 20 November 1952, in the oration in memoriam pronounced by De Gasperi, in which, as his daughter attests, her father’s emotional voice expressed his feelings towards the “precious friend” (page 195).Zecchino's long and informed survey concludes with the convincing observation that Croce's essay "cannot be read in isolation, but in a continuum with others from the same period" (page 196); that is, "the essay, for the time in which it was written and for the high profile it had, was intended to be an appeal to the world... but it also wanted to constitute... a strong ideological motivation to coagulate a political alliance in Italy between forces sincerely sensitive to the defense of freedom" (page 201).This is the context in which we must understand the disputes that Croce's writing will raise and, periodically, still raises. Zecchino examines almost all of them, offering the reader a lesson in method. In fact, on the one hand, the writing must be explored in depth, taking into account Croce's state of mind and the things already manifested since the Philosophy of Practice of 1908 (page 70) - the philosopher had already mentioned some aspects in the Soliloquy of an Old Philosopher of 1942 (page 66), and had set them as premises in his essay of 1940, entitled The Benefit of Christ (page 68). In short, Croce "felt burdened by the duty of not remaining silent and of making his voice heard" (page 13). On the other hand, Zecchino notes and realizes, it is necessary to make a meticulous reconstruction of all the interpretative interventions, even critical ones, that were aroused by the great uproar generated by Croce's essay (page 15), starting from the examination of the «main argument of the Catholic side». In this part, it was hypothesized «that behind Croce's openness there was hidden – something obvious – a historicist and immanentistic vision, in irreconcilable contrast with the transcendent vision proper to Christianity» (page 15); but even on the secular side, there was no lack of reservations, such as the ...
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  • Ortensio Zecchino, perché non possiamo non dirci cristiani, letture e dispute sul saggio di B. Croce-[P. Giustiniani]
    Oct 12 2024
    Ortensio Zecchino, Perché non possiamo non dirci “cristiani”. Letture e dispute sul celebre saggio di Benedetto Croce, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2024, pagine 255, euro 18,00. Sia la Prefazione (pagine 11-15) di Eugenio Mazzarella - filosofo e, come si autodefinisce, «uomo cristiano… alla trascendenza ragionevolmente obbligato da quel che vedo nell’immanenza» (pagina 13), sia la Postfazione di Dino Cofrancesco (pagine 231-249: un vero saggio dopo il saggio!) che precisamente, come si legge nel titolo, offre «un modesto non filosofico commento al saggio di Ortensio Zecchino» (pagina 231), già mettono bene, seppure sinteticamente, in evidenza i vari profili emergenti nella ricerca di Ortensio Zecchino. Soprattutto enucleano i temi di fondo del saggio, che Benedetto Croce pubblicò dieci giorni dopo una notte insonne del 16 agosto 1942, nel corso della quale gli balenò anche l’idea di scriverlo (pagina 5). Comparso su “La Critica” del 20 novembre 1942, con il famoso titolo Perché non possiamo non dirci “cristiani” (pagina 6), di questo saggio di Croce, redatto non senza «travaglio… in quei tempi terribili» (pagina 88, numero 79), Zecchino - convinto fondatamente che esso non vada letto isolatamente, bensì «in un continuum con gli altri della stessa stagione» (pagina 196), «nel contesto degli scritti usciti dalla penna di Croce in quei terribili anni tra agonia del fascismo e alba democratica» (pagina 138) -, esamina, dunque, le premesse, i contenuti e gli esiti; e di esso, fin dalle prime battute, chiarisce testo e contesto, come in una scena iniziale di un’azione teatrale, di cui il prosieguo delle pagine offrirà un’analisi meticolosa e un informatissimo svolgimento analitico, frutto anche di consultazioni d’archivio di cui si dà conto puntualmente nel corso dell’avvincente esposizione. Quello di Croce fu un saggio a cui arrise «una fortuna straordinaria», essendo peraltro edito «nel bel mezzo di una guerra “mondiale”», in un’«Europa» che «appariva ormai nazificata» (pagina 9) e allorché «nella primavera di quel ’42 erano cominciati a manifestarsi i primi scricchiolii del regime» fascista (pagina 10). Si andava ipotizzando la futura organizzazione di un Ordine nuovo, che coinvolgeva partiti, intellettuali e perfino la santa Sede. Ci ricorda il volume: «Nell’Università cattolica di Milano già alla fine del 1941 un gruppo di “professorini” aveva cominciato a riunirsi intorno a Giuseppe Dossetti… Nell’agosto del 1941 da Ventotene era partito il manifesto Per un’Europa libera e unita di Spinelli, Rossi e Colorni… Nel settembre di quel 1942 Alcide De Gasperi, con un manipolo di volontari, fondò a Milano la Democrazia cristiana, nella casa di Enrico Falk» (pagina 11). In seguito, i peculiari rapporti di Croce con il “caro De Gasperi” saranno intensi (l’ultima lettera di Croce a lui è del 25 gennaio 1951), come si vedrà particolarmente, morto Croce il 20 novembre 1952, nell’orazione in memoriam pronunciata da De Gasperi, in cui, come attesta la figlia, la voce commossa del padre manifestò i suoi sentimenti verso il “prezioso amico” (pagina 195). La lunga e informata ricognizione di Zecchino si conclude con la convincente osservazione che il saggio di Croce «non può essere letto isolatamente, ma in un continuum con gli altri della stessa stagione» (pagina 196); ovvero, «il saggio, per il tempo in cui fu scritto e per l’alto profilo impressogli, volle essere un appello al mondo… ma volle anche costituire… una forte motivazione ideologica per coagulare in Italia un’alleanza politica tra le forze sinceramente sensibili alla difesa della libertà» (pagina 201) Questo il contesto, nel quale vanno capite le dispute che lo scritto crociano susciterà e, periodicamente, suscita ancora. Zecchino le esamina pressoché tutte, offrendo comunque al lettore una lezione di metodo. Infatti, da un lato, si deve approfondire lo scritto, tenendo conto dello stato d’animo di Croce e delle cose già manifestate fin dalla Filosofia della pratica del 1908 (pagina 70) – il filosofo aveva già fatto cenno ad alcuni aspetti nel Soliloquio di un vecchio filosofo del 1942 (pagina 66), e vi aveva posto come le premesse in un suo saggio del 1940, intitolato Il beneficio di Cristo (pagina 68). In sintesi, Croce «si sentiva gravato dal dovere di non tacere e di far sentire la sua voce» (pagina 13). Dall’altro lato, annota e realizza Zecchino, si deve fare la pignola ricostruzione di tutti gli interventi interpretativi, anche critici, che furono suscitati dal grande clamore generato dal saggio crociano (pagina 15), a partire dall’esame dell’«argomento principe di parte cattolica». In questa parte, s’ipotizzò «che dietro l’apertura crociana si celava – cosa scontata – una visione storicistica e immanentistica, in insanabile contrasto con la visione trascendente propria del ...
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  • crisis of totality and decline of ideologies, prof. P. Giustiniani-Cassino (IT)
    Oct 10 2024
    CENTRE FOR ITALIAN PHILOSOPHYCassino, Italy, Sala degli Abati (Badial Palace), Saturday 5 October 2024the SEMINAR was held: CRISIS OF TOTALITY AND DECLINE OF IDEOLOGIESModerators (in their capacity as Co-Directors of Civitas et humanitas, Professors Paolo Russo and Pasquale GiustinianiThe seminar in fact took its cue from the volumes from the annals of ethical-political culture CIVITAS ET HUMANITAS:the volumes were illustrated by Professor TERESA SERRA (La Sapienza University, Rome)- first volume under consideration: Crisis of ideologies and new ethical-social instances (Mondostudio, 2020);Speakers:Pietro Boccia - SociologistPermanent and inclusive education as a way out of the crisis of ideologies and neoliberal/totalitarian capitalism;Michele Indellicato – University of BariTotality as synchronization between horizontal transcendence and vertical transcendence in Karol Woityla;Giuseppe Cantarano – University of CalabriaCrisis of ideologies in the twilight of politics;Giovanni Turco – University of UdineThe right of rights. Louis' philosophical-juridical contribution; Lachance, through and beyond the crisis of totality;Alberto Nave - University of Cassino and Southern LazioFrom weak thought to the "weakness of thought" and the nemesis of reason (against the backdrop of the contemporary crisis of totality)- second volume under review: Crisis of totality and risk of survival (Mondostudio, 2021)Speakers:Pasquale Giustiniani – Suor Orsola Benincasa University - NaplesThe whole is superior to the part, of which it determines the scope and limits. A criterion for the season of "resilience";Lelio Imbriglio - E-Campus University – Novedrate (CO)Crisis of totality and new ethical-pedagogical demands;Aldo Gervasio – Psycho-pedagogistThe mystagogical pedagogy of Ignatius of Loyola;M. Gabriella De Santis – University of Cassino and Southern LazioComplex society, globalization and pedagogical-educational paradigmsMichele Leone - MusicologistMysticism between identity and otherness in the songs of Franco BattiatoCassino, Italy, October 4, 2024, Prof. Pasquale GiustinianiPresents the eleventh and twelfth volumes of the series “Civitas et humanitas”, concerning respectively: Crisis of ideologies and new ethical-social instances and crisis of totality and risk of survival.These Annals of ethical-political culture, created for the initiative and generosity of Prof. Alberto Nave – coordinator of the Civitas et Humanitas Movement, generated in connection with the University of lower Lazio of Cassino – connected to the Center for Italian Philosophy, today directed by Aldo Meccariello with headquarters in Terni, can today celebrate two volumes XI and XII of the series. Both help us to put under the spotlight of our intellectual light full of love (Paradiso, canto XXX, v. 40), two notable profiles, both significantly reread under the profile of the crisis, to which some of the Authors of the volume oppose possible exits in the path of ethics and even in the path of the religious. Pareyson already conceived the idea of ​​God as crucial in the definition of existentialism as a philosophy of the finite, destined to resolve itself, as a philosophy of choice, in spiritualism. For Pareyson, the historical crisis is a cultural and above all philosophical crisis: the crisis of philosophy, for which, with a chiasmus of a typically Castellian tone, the philosophy of the crisis is the crisis of philosophy, it is the crisis of idealism in its Hegelian culmination. In turn, Castelli is the one who remains most, also problematically, tied to the idea of ​​existentialism as a philosophy of crisis understood as structural. Castelli's reflections. which introduced the single issue of «Archivio di filosofia» of 1945 and also the political sense of the organization of the 1946 congress, directed at that time towards the easiest reading at a superficial level: the crisis is the abyss into which the entire world and Europe even more found itself precipitated at the end of the Second World War, the abyss of material destruction, of the millions of deaths, of the extermination in the concentration and extermination camps, of which there was still little awareness, of the dehumanization legacy of totalitarianism. Existentialism would be, as a philosophy closely connected to life and philosophy of individual commitment and responsibility, the possible cultural response to the metaphysical abstractions of idealism and its epigones. Christian existentialism, described by these authors as a philosophy of crisis, could only translate into the crisis of philosophy, so that the alternative of Christian existentialism founds spiritualism, providing the reasons for the choice, once made one can resume philosophizing, despite the crisis. Christian existentialism, which Castelli reluctantly took up, certainly does not present itself as a philosophy of transit towards another, nor even as a foundation in the sense proposed by ...
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  • crisi della totalità e tramonto delle ideologie, prof. P. Giustiniani-Cassino
    Oct 10 2024
    Cassino, 4 ottobre 2024 Pasquale Giustiniani Presentazione dei volumi XI e XII della serie “Civitas et humanitas”, concernenti rispettivamente Crisi delle ideologie e nuove istanze etico-sociali e crisi della totalità e rischio sopravvivenza). 1. Questi Annali di cultura etico-politica, realizzati per l’iniziativa e la munificenza del prof. Alberto Nave – coordinatore del Movimento Civitas et Humanitas, generato in collegamento con l’Università del basso Lazio di Cassino – collegato al Centro per la Filosofia Italiana, oggi diretto da Aldo Meccariello con sede a Terni, possono oggi celebrare ben due volumi XI e XII della serie. Entrambi ci aiutano a porre sotto i riflettori della nostra luce intellettual piena d’amore (Paradiso, canto XXX, v. 40), due profili notevoli, riletti significativamente entrambi sotto il profilo della crisi, alla quale alcuni degli Autori del volume oppongono possibili uscite nella via dell’etica e perfino nella via del religioso. Già Pareyson concepiva l’idea di Dio come cruciale nella definizione dell’esistenzialismo come filosofia del finito, destinata a risolversi, come filosofia della scelta, nello spiritualismo. Per Pareyson la crisi storica è una crisi culturale ed anzitutto filosofica: la crisi della filosofia, per cui, con un chiasmo dalla tonalità tipicamente castelliana, la filosofia della crisi è la crisi della filosofia, è la crisi dell’idealismo nel suo culmine hegeliano A sua volta, Castelli è colui che più rimane, anch’egli problematicamente, legato all’idea dell’esistenzialismo come filosofia della crisi intesa come strutturale. Le riflessioni di Castelli. che introducevano il numero unico di «Archivio di filosofia» del 1945 e anche il senso politico dell’organizzazione del congresso del 1946, indirizzavano a quel tempo verso la lettura più facile a livello superficiale: la crisi è il baratro in cui il mondo intero e l’Europa ancor più si trovano precipitate alla fine della seconda guerra mondiale, il baratro della distruzione materiale, dei milioni di morti, dello sterminio nei campi di concentramento e di sterminio, di cui si aveva ancora scarsa consapevolezza, della disumanizzazione retaggio dei totalitarismi. L’esistenzialismo sarebbe, come filosofia strettamente connessa alla vita e filosofia dell’impegno e della responsabilità individuali, la possibile risposta culturale di contro alle astrazioni metafisiche proprie dell’idealismo e dei suoi epigoni. L’esistenzialismo cristiano, qualificato da questi Autori, come filosofia della crisi non poteva che tradursi nella crisi della filosofia, per cui l’alternativa dell’esistenzialismo cristiano fonda lo spiritualismo, fornendo le ragioni della scelta, fatta la quale si può riprendere a filosofare, nonostante la crisi. L’esistenzialismo cristiano, che Castelli si intestava con riluttanza, certamente non si presenta come una filosofia di transito verso un’altra, e neppure come una fondazione nel senso prospettato da Pareyson. L’esclusione che ne dava Castelli è un crinale sottile, ma netto: «Una filosofia cristiana è possibile se è anti-intellettualista», ovvero se è una filosofia edificante e persuasiva, vale a dire una filosofia che assume l’incomprensibilità ultima dell’esistenza e della scelta. 2. Nel sempiterno contrasto tra crisi e progresso, tra forza conoscitiva e trasformativa della persona umana e imprevedibilità delle sue creazioni, si ripropone il senso del limite umano, limite che, apparentemente superato o spostato sempre più avanti, si ripresenta sotto l’aspetto dell’assoluta imprevedibilità di tutte le conseguenze delle scelte che si fanno: si tratta di una crisi ecologica e ambientale totale, che non risparmia più nessun recesso del nostro pianeta; siamo nella crisi e nell’eclissi totale di grandi idee guida del passato che avevano mantenuto e sostenuto ogni sviluppo sociale e civile i motivi nascosti che restano occulti e inesplorati degli attuali sconvolgimenti; si tratta di una rovinosa parabola del nostro tempo, in cui una fede nel “progresso” ,propria di tempi che sempre di più si allontanano dal nostro, dalle certezze della modernità sono ormai soppiantate dal “post-moderno”, che sembra aver messo in crisi e in questione ogni possibilità. In un libretto stimolante, acuto e vivace, “Il quarto uomo. Postmodernità o crisi della modernità”, Gianfranco Morra delineava con efficacia le tappe della parabola discendente dell’autocomprensione dell’uomo nell’Occidente: il “primo” uomo è l’ homo theoreticus, il cosmotheoròs dell’antichità greca, l’uomo che scopre mediante la meraviglia e lo stupore le sorgenti della “filo-sofia”, perché ogni sapere che l’uomo può conseguire è innanzitutto philìa, amicizia, del sophòn, del sapiente, che può essere solo il dio; e tale è anche come scienza, e non solo come logica e dialettica di concetti puri; ...
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  • roots tourism, the role of religion in Italian emigrant communities
    Jul 7 2024
    On the spirit of roots tourism.A round table was held last June 28th in Naples in the "catasti room" of the State Archives, in collaboration with the University Observatory on Tourism of the Federico II University; the Center for Research and Studies on Tourism (CReST) of the University of Calabria.The event intended to be a place of discussion for academics, experts and professionals, in order to explore the profound meaning and cultural, economic and spiritual implications of this particular mode of tourism in view of the International Conference on Roots Tourism, scheduled from 12 to 15 December 2024 at the University of Calabria, city of Rende, province of Cosenza. Italy.During the round table, the special issue dedicated to the topic by the scientific magazine "Fuori Luogo" was examined; the proceedings of the seminar "Special journeys of contemporary society", held in Rome in September, were also examined in depth. 2023.Numerous and prestigious speakers attended:• Doctor Candida Carrino, Director of the State Archives of Naples• Professor Fabio Corbisiero, Coordinator of the University Observatory on Tourism• Professor Gaetano Di Palma, teacher of Biblical Sciences• Professor Pasquale Giustiniani, professor of Theoretical Philosophy• Professor Antonella Perri, Scientific Coordinator at the Tourism Research and Studies Center• Professor Giuseppe Reale, Director of the Monumental Complex of Santa Maria la Nova - Naples• Professor Tullio Romita, Scientific Director of the Tourism Research and Studies Center• Professor Giovanni Tocci, Governance Area Representative at the Tourism Research and Studies CenterFollowing is the text of the short report on the topic that I had the honor of illustrating:State Archives, Naples, 28 June 2024Between faith and tradition. The role of religion in the actions and perceptions of emigrants from the Italian community of origin.(Pasquale Giustiniani)- IntroductionAmong the processes used by travelers and migrants to create a "home" outside their territories of origin, there is also the glue of religion, in Italy mainly in its Christian form, especially devotional rather than cultic. This glue almost acts as a suture thread which, at the same time, allows us to imagine and "remember" the past and re-attach the limbs and limbs of a collective body, which has often experienced social violence, or has been forced to leave their original places for economic and political reasons.In order to rebuild their personal and family identity, young and former young people return, often willingly, where rites and rituals are still important, which underline their original belonging to a true sacred order, defined by faiths , religions and, as far as the south is concerned, by religious folklore and popular devotions, more or less contiguous to the standard set by historical religions. In particular, popular devotion, managed and coordinated by the particular Churches, appears on the one hand as the suture to an adequate and institutional expression of lived faith; on the other hand, it preserves ancestral folkloric characters which, at times, are more the expression of an atavistic popular memory than the fruit of regimentation in the institutional forms of institutional faith - In which religious context does the return to the roots take place?Comparing the sad political situation of the city of Mytilene under the tyranny of Myrsilus, Alcaeus found no better metaphor than that of a ship tossed by the waves, subjected to the struggle between the winds, with the mast in tatters and the sail completely torn. This metaphor has become a real topos of literature, political examination and even religious meditation in the period of the post-covid 19 pandemic crisis. When, during the first act of "The Tempest" (1611-1612) by William Shakespeare, the Boatswain, during a story "in retrospect", shouts: «Lock up, lock out! Lower the sails – let's go offshore! Lock out!», the sailors - now in the vortex of a storm which, although "enchanted", is still making its terrible damage felt -, cannot help but highlight their extreme vulnerability and the outcome of the prayer: «We are lost ! Let's pray, let's pray! We are lost! Everyone!" . And so prayer arises almost spontaneously on the lips of many in those dark moments, to the point that they seem to be able to anaesthetise, together with the memory and historical roots of the literary characters captured by Shakespeare's spell, even the same latent trust, highlighted precisely by prayer, in the presence of a divine in human affairs, capable, that is, of being able to curb and reduce the evil effects of death and suffering in a plagued humanity.Almost forced, in the midst of the tragedy of a storm or the inevitability of a shipwreck, to choose only between possible alternatives, without true freedom of choice from scratch, not only the subject - a modern discovery! -, but even the god - the divine of modernity seems to have ...
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  • turismo delle radici, il ruolo della religione nelle comunità di emigranti italiani
    Jul 7 2024
    Sullo spirito del turismo delle radici.Si è tenuta il 28 giugno ultimo scorso in Napoli, una tavola rotonda presso la "sala catasti" dell'Archivio di Stato, in collaborazione con l’Osservatorio Universitario sul Turismo dell'Università degli Studi Federico secondo; il Centro Ricerche e Studi sul Turismo (CReST) dell'Università della Calabria.L’evento ha inteso essere un luogo di confronto per accademici, esperti e professionisti, al fine di esplorare il significato profondo e le implicazioni culturali, economiche e spirituali di questa particolare modalità di turismo in vista della Conferenza Internazionale sul Turismo delle Radici, in programma dal 12 al 15 dicembre 2024 presso l'Università della Calabria, città Rende, provincia di Cosenza. Italia.Nel corso della tavola rotonda, è stato preso in esame il numero speciale dedicato al tema dalla rivista scientifica "fuori luogo", sono stati inoltre oggetto di approfondimenti gli atti del seminario "viaggi speciali della società contemporanea", tenutosi a Roma nel mese di settembre 2023.Numerosi e prestigiosi sono stati i relatori intervenuti:• Dottoressa Candida Carrino, Direttrice dell’Archivio di Stato di Napoli• Professore Fabio Corbisiero, Coordinatore dell’Osservatorio Universitario sul Turismo• Professore Gaetano Di Palma, docente di Scienze bibliche• Professore Pasquale Giustiniani, docente di Filosofia teoretica• Professoressa Antonella Perri, Coordinatrice scientifica al Centro Ricerche e Studi sul Turismo• Professore Giuseppe Reale, Direttore del Complesso Monumentale di Santa Maria la Nova - Napoli• Professore Tullio Romita, Responsabile scientifico del Centro Ricerche e Studi sul Turismo• Professore Giovanni Tocci, Referente Area Governance al Centro Ricerche e Studi sul TurismoA seguire, il testo della breve relazione che sul tema ho avuto l'onore di illustrare:Archivio di stato, Napoli, 28 giugno 2024Tra fede e tradizione. Il ruolo della religione nell’agire e nella percezione degli emigrati della comunità italiana di origine.(Pasquale Giustiniani)*- IntroduzioneTra i processi utilizzati dai viaggiatori e migranti per creare una "casa" fuori dai territori di origine, vi è anche il collante della religione, in Italia prevalentemente nella sua forma cristiana, soprattutto devozionale piuttosto che cultuale. Tale collante quasi funge da filo di sutura il quale, allo stesso tempo, consente d’immaginare e “ricordare” il passato e ri-attaccare le membra e gli arti di un corpo collettivo, che ha spesso sperimentato la violenza sociale, oppure è stato necessitato ad andare fuori dei luoghi originari per motivi economici e politici. Al fine di ricostruire la propria personale e l'identità familiare, i giovani e gli ex giovani ritornano, spesso volentieri, laddove sono ancora importanti i riti e i rituali, che sottolineano la loro originaria appartenenza ad un vero e proprio ordine sacro, definito da fedi, religioni e, per quanto concerne il sud, da folklore religioso e devozioni popolari, più o meno contigue allo standard fissato dalle religioni storiche. In particolare, la devozione popolare, gestita e coordinata dalle Chiese particolari, da un lato appare come la sutura a un’espressione adeguata e istituzionale della fede vissuta; dall’altro, conserva caratteri folclorici ancestrali i quali, talvolta, sono più espressione di una memoria popolare atavica che frutto di irregimentazione nelle forme istituzionali della fede istituzionale.- In quale contesto religioso avviene il ritorno alle radici?Paragonando la triste situazione politica della città di Mitilene sotto la tirannide di Mirsilo, Alceo non reperì migliore metafora di quella di una nave sballottata dai flutti, sottoposta alla lotta tra i venti, con l’albero a brandelli e la vela tutta strappata. Tale metafora è divenuta un vero e proprio topos della letteratura, della disamina politica e perfino della meditazione religiosa nel periodo della crisi post-pandemica da covid 19. Quando, nel corso del primo atto de “La tempesta” (1611-1612) di William Shakespeare, il Nostromo, nel corso di un racconto “in retrospettiva”, grida: «Serrate, serrate! Abbassate le vele – andiamo al largo! Serrate!», i marinai - ormai nel vortice di una tempesta che, seppur “incantata”, sta facendo comunque percepire i suoi terribili danni -, non possono far altro che evidenziare la loro estrema vulnerabilità e l’esito della preghiera: «Siamo perduti! Preghiamo, preghiamo! Siamo perduti! Tutti!» . Ed ecco che sorge quasi spontanea l’orazione sulle labbra di molti in quei momenti bui, al punto che essi sembrano poter anestetizzare, insieme con la memoria e le radici storiche dei personaggi letterari presi dall’incantesimo di Shakespeare, anche la stessa latente fiducia, evidenziata appunto dalla preghiera, nella presenza di un divino nelle vicende umane, capace, cioè, di poter frenare e ridurre gli effetti malvagi di morte e ...
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  • Aldo Di Mauro, In the shadows. Essential stories of ordinary people-(Giustiniani report-English version)
    Jun 19 2024
    Aldo Di Mauro, In the shadows. Essential stories of common people, Preface by Tiuna Notarbartolo, Introduction by Giuseppe Giorgio, Giannini Editore, Naples 2024, pp. 89
    The truth of these essential stories of ordinary people can be seen in the last pages of Aldo Di Mauro, through the story, or rather the silhouette, of Pietro Sarno, who «on the first floor of via Tribunali... timidly sticks his head out a little to listen the life that echoes outside" (p. 85). Peter's is precisely "a life in the shadows" (ibidem), as only sometimes does he "exit his shadow", and then immediately re-enter it: a shadow "in which he decided to live surrounded by books, notebooks, sheets of paper on which he jots down thoughts destined to be thrown away after his death" (ibidem).
    And in this way, in every single story narrated, the reader grasps the very meaning of these micro-stories of couples, individuals, adults and children.
    In the places narrated in these agile and essential pages, there are not only PCs and new media, but also recorder tapes (p. 28), radios that are turned on with the knobs (p. 29), lights that they illuminate but, above all, they are lowered to create darkness, or rather to generate the right atmosphere of twilight (p. 51).
    And in each story, here is the essential daily life, made up of women and men, of adults and children, especially of couple relationships, in which the emancipated woman could cause anxiety and depression in her partner, or in which the man could rediscover of having been too busy with the external aspects of the partner and of having, thus, lost the soul of the woman and, above all, of his own woman. This is what happens to Enrico, who cynically imagines what life will be like in the afterlife without her, who meanwhile betrays him here on earth: «You know how happy the soul will be of those who witness how their woman is having fun ? While she, the heartbroken widow, is happy with your achieved spirituality, you verify what kind of slut you have lived with for so many years"
    In the dim light, the features of faces and intimate depths appear, or rather flash, of little ones, of young people, of women and men, who delve into themselves before our eyes, not in an imaginary "psychoanalytic session" (p. 40) , but rather to grasp, beyond the differences of classes and classes, temperaments and clichés, the very truth of the human person.
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  • Aldo Di Mauro, In penombra. Storie essenziali di persone comuni
    Jun 19 2024
    Aldo Di Mauro, In penombra. Storie essenziali di persone comuni, Prefazione di Tiuna Notarbartolo, Introduzione di Giuseppe Giorgio, Giannini Editore, Napoli 2024, pp. 89
    La verità di queste storie essenziali di persone comuni si coglie nelle ultime pagine di Aldo Di Mauro, attraverso la vicenda, anzi la sagoma, di Pietro Sarno, il quale «al primo piano di via Tribunali… timidamente sporge un po’ la testa per ascoltare la vita che fuori echeggia» (p. 85). Quella di Pietro è proprio «una vita in penombra» (ibidem), in quanto solo talvolta egli «esce dalla sua penombra», per poi subito rientrarvi: una penombra «nella quale ha deciso di vivere circondato da libri, quaderni, fogli di carta sui quali appunta pensieri destinati ad essere cestinati dopo la sua morte» (ibidem).
    E in tal modo, in ogni singola vicenda narrata, il lettore coglie il senso stesso di queste micro-storie di coppie, di singoli, di grandi e di piccoli.
    Nei luoghi narrati in queste agili ed essenziali pagine, non ci sono soltanto i pc e i new media, ma pure i nastri del registratore (p. 28), le radio che si accendono con le manopole (p 29), le luci che s’illuminano ma, soprattutto, si abbassano per creare buio, o meglio per generare la giusta atmosfera della penombra (p. 51).
    E in ogni storia, ecco la quotidianità essenziale, fatta di donne e di uomini, di adulti e di piccoli, soprattutto di relazioni di coppia, in cui la donna emancipata potrebbe provocare ansie e depressione nel partner, o in cui l’uomo potrebbe riscoprire di essere stato troppo preso dagli aspetti esteriori della partner e di aver, così, perso l’anima della donna e, soprattutto, della propria donna. È ciò che accade ad Enrico, che si figura cinicamente come sarà la vita nell’aldilà senza di lei, che intanto lo tradisce qui in terra: «Sai come sarà felice l’anima di chi assiste a come se la sta spassando la propria donna? Mentre lei, la vedova affranta, è contenta della tua raggiunta spiritualità, tu verifichi con che razza di troia hai vissuto per tanti anni»
    In penombra, appaiono, anzi balenano, i tratti di visi e profondità intime, di piccoli, di giovani, di donne e uomini, che si scavano dentro davanti ai nostri occhi, non in un’immaginaria «seduta psicanalitica» (p. 40), bensì per cogliere, al di là delle differenze di ceti e di classi, di temperamenti e di luoghi comuni, la verità stessa della persona umana.
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